La scena si ispira al brano della visione della pianura di ossa del profeta Ezechiele (cf Ez 37,1-14). E’ opera di padre Marco Ivan Rupnik e della sua equipe presso la Cappella del Collegio san Stanislao a Ljubljana – Slovenia.
Tutta la terra è disseminata di ossa. Ci sono ossa dappertutto, in tantissime grotte, perché noi uomini, di generazione in generazione, continuiamo a spingerci nelle grotte. C’è sempre qualcosa di più importante dell’uomo che si ha davanti e ce lo fa spingere nella morte. Ma quanto più è forte la morte, tanto più forte è Gesù Cristo. Se dunque vogliamo mostrare la forza, la luce e la gloria dell’amore di Gesù Cristo, dobbiamo mostrare anche la forza del male. Altrimenti parliamo di una favola. Il cristianesimo è un intervento nella realtà, non nella fantasia.
In questa valle soffia lo Spirito e le ossa rivivono. E allora basta con le ossa, basta con gli elenchi di morti, di uccisi. Bisogna mostrare come la fede guarda a queste ossa, come la Parola di Dio le illumina. Quando soffia questo vento – lo Spirito –, tutte queste ossa rivivono, si rivestono. Teologicamente parlando, sappiamo che lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita, è il Signore che ha portato il Verbo nella vita, ha formato la vita secondo l’immagine del Verbo, ha incarnato Gesù Cristo nella Vergine Maria. Perciò questo Spirito non è un’energia astratta, ma un Volto.
Gli artisti hanno cercato di far apparire il volto di Gesù Cristo come la cosa più potente in questa cappella. Perché lo Spirito Santo ha concentrato l’amore di Dio su questo volto, che è immensamente buono.
Cristo viene, scende e dà la mano ai morti. Quando stende la mano, essi rivivono. Prima o poi tutti ci troviamo nel peccato e nella desolazione, o perché noi stessi abbiamo peccato, o perché qualcuno ha commesso un peccato contro di noi… Prima o poi tutti sentiamo questo peso delle tenebre. Il Signore viene da noi e ci dà la mano per tirarci fuori.
Cristo è nel vortice del suo mantello, un mantello che nella Bibbia ha più significati, ma essenzialmente richiama la gloria di Dio, cioè Dio che si rivela nello splendore della sua maestà, della sua potenza, della sua santità.
Qui Cristo scende, ma il suo mantello, invece, sale. Nel suo mantello ci sono gli apostoli, e progressivamente si riempie di tutti quelli che il Signore sta tirando fuori dalla morte. Il mantello è la Chiesa, perché la Chiesa è il luogo in cui si riflette la gloria di Cristo risorto, uno spazio dilatato dalla risurrezione, luogo dell’epiclesi dello Spirito Santo e della trasformazione di ogni offerta nel corpo di Cristo.
La Chiesa è l’ambito dove si vince la morte, dove in Cristo risorto troviamo il senso anche della più assurda sofferenza di quelli che hanno confidato in Lui.
Con questa scena è indicato che la Chiesa è ambito dell’amore, che vivifica, che non esclude, ma fa crescere, benedice e illumina. Anche quelli che sono lontani dalla Chiesa e forse scettici nei suoi confronti possono scoprire la Chiesa come la più grande sorpresa: ciò che è spezzato si raddrizza, ciò che è malato guarisce, ciò che è immondo viene purificato, ciò che è umiliato viene innalzato, ciò che è rigettato viene accolto. La Chiesa è l’ambito in cui ogni opera buona che uno ha fatto, anche se è il più grande peccatore, non sarà più dimenticata. La Chiesa è l’eterna memoria della bontà, della carità. La Chiesa è l’ambito dove le cose buone rimangono raccolte per sempre. Con il corpo che adesso portiamo e che sarà distrutto, ci stiamo preparando un altro corpo, che rimarrà. Questo è il seme che morirà per far germogliare un’altra cosa. E questo viene indicato dal mantello, pieno della comunità, dell’amore.
Gli apostoli fanno dei segni: pregano, indicano il Signore, predicano, battezzano, ungono, ordinano, perdonano.
Qui ci sono tutti i sacramenti e tutto ciò che la Chiesa ha per comunicarci la vita, affinché questa nostra misera realtà umana possa entrare nella vita.
A sinistra, guardando Cristo, Pietro impone le mani su colui che Cristo ha tirato dalla morte. Il perdono, infatti, è come la salvezza dalla tomba: è la vita che si è perduta, ma si troverà per l’eternità nel Signore, nascosta in Dio.
Dall’altra parte, c’è la donna che Cristo ha strappato dalla morte. Intorno alla sua mano è avvolta la stola, un simbolo del rito del matrimonio, che richiama tutta la teologia di Paolo sulla fedeltà di Cristo e della Chiesa, di Dio e dell’uomo, dell’uomo e della donna.
(commento tratto da: http://www.centroaletti.com)
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